martedì 16 aprile 2013

Un giorno da ricordare


Il 16 aprile, per me, è una ricorrenza particolare, anche se tutto ebbe inizio solo qualche anno fa. 
E’ il 6 aprile del 2008 quando, contro tutto e tutti,  prendendo il coraggio a due mani  riesco a comprare la mia prima moto.
In famiglia non ci sono centauri e le due ruote, come per chi non c’è mai salito, sono considerate un inutile pericolo. E’ difficile spiegare cosa significhi “moto” a chi non la conosce, quattro lettere che non esprimono solo un mezzo ma un modo di spostarsi, una filosofia di vita.
Ricordo ancora il gelo la sera in cui, a casa, annunciai il mio acquisto: una Suzuki SV650S usata e comprata con i soldi meticolosamente risparmiati.
La mia passione per le due ruote non è storica è piuttosto recente ma ugualmente profonda, portata alla luce da tre amici, quelli che sono, oggi, i miei compagni di viaggio o meglio che mi hanno fatto diventare il loro compagno di viaggio. Sapevano, però, che avevo commesso un errore, una moto stradale è più complicata da portare, è più scomoda per i viaggi, ma soprattutto avevano capito che non era in sintonia con il mio modo d’essere.
Ma quando uno ha la testa dura, sono solo gli eventi che possono farti capire e così accadde. Il 16 aprile, ben dieci giorni dopo il mio agognato acquisto ebbi un incidente, moto distrutta e gamba ingessata.
I te l’avevo detto e gli indici puntati fioccavano da tutte le parti e così credetti di aver concluso i miei giorni da centauro.
Ancora una volta non avevo capito e nonostante nel 2010 dovetti vedere i miei tre futuri compagni di viaggio partire per la Turchia è nel 2011 che gli eventi, ancora una volta presero il sopravvento.
        C’è un tizio, uno che ha acquistato di seconda mano una moto da enduro ma che dopo poco ha mollato il tiro, mi viene detto, ma che fine abbia fatto la moto non si sa bisognerebbe provare a sentirlo.
      La moto c’è, da circa un anno e mezzo mollata in garage, così, dopo un’uscita, dimenticata e abbandonata. E’ una Yamaha XT660Z, un Tènèrè, nome sconosciuto ai più ma che tra le moto è un simbolo, un’icona, il solo pronunciarla rievoca viaggi in terre lontane sotto il caldo e torrido sole africano lungo piste di terra e sabbia.
Ragnatele, fango e polvere la ricoprono, sembra un fossile, un insetto nell’ambra ed un misto di entusiasmo e timore mi assalgono: è alta, è grossa e nonostante l’aspetto smesso ne percepisco la fierezza. Sarà adatta a me? Sarò in grado?
        Ma tutto cessa quando, inserita la chiave, senza un minimo di esitazione il motore si risveglia; ogni timore, ogni inibizione in un attimo svaniscono, ci siamo trovati e siamo entrambi rinati è il 16 aprile.
      Finalmente sono un centauro, me lo dicono il casco, i guanti, la moto, ma non è vero, non basta avere un mezzo a due ruote per essere motociclisti bisogna avere anche la testa e poi io voglio diventare endurista.
      Ed è così che il 16 aprile del 2012 mi ritrovo al seguito dei miei tre amici e compagni su un traghetto diretto verso la Sardegna, per la mia prima vera uscita da endurista: attraversare da Nord a Sud in linea retta l’isola, cercando quanto più sterrato possibile. Ho respirato l’aria della Sardegna, mi sono rinfrescato con la sua acqua e ne ho assaggiata più volte la terra.
         Ed oggi, 16 aprile 2013?
     Bisogna onorare il giorno: metterò il casco, accenderò il motore e come un beduino con il suo cammello le parlerò per poi perderci tra odori e colori e mentre le immagini scorreranno veloci, sogneremo il prossimo viaggio, sogneremo l’Africa.










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