giovedì 11 aprile 2013

I dadi

Se decidi di proiettare l’ombra del tuo dito sulla cartina geografica della tua prossima meta, forse non stai proiettando solo un dito. Lo facevamo già da bambini.
Intorno ad un tavolo, coperto di linee continue e tratteggiate, di toponomastica sconosciuta e confini bizzarri, puoi non essere semplicemente lì, intorno a quel tavolo.

Non lasciamo niente al caso, ci procuriamo tutto ciò che serve per far in modo di non essere presenti a noi stessi, prova ne sono le 6, forse 7 carte di cui disponiamo, e non ci sono scuse, questa non è più logistica preventiva, non si tratta di organizzazione meticolosa, questa si chiama consapevole distacco dalla realtà, lo facevamo già da bambini.

Fermi lì, con il dito puntato su di un risiko senza armate, forse non saremo più in Kamchatka, ma andremo nell’Erg Azefal, non sposteremo carri armatini e non conquisteremo nulla, sì, forse saremo meno impavidi di una volta, ma i dadi, quelli rossi, ce li porteremo nelle tasche lo stesso perchè in fondo lo facevamo già da bambini e continueremo a farlo.


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